La memoria è la capacità del cervello di conservare informazioni nel tempo. Il termine ha origini molto antiche, infatti, prende il nome dalla dea greca Mnenosine, madre di tutte le Muse.

Possiamo innanzitutto considerare la memoria da due diversi punti di vista. Il primo è temporale, ovvero in base a quanto perdurano le informazioni nel tempo; il secondo è sensoriale, ovvero in base al senso predominante con il quale l’informazione viene registrata.

  • La memoria a breve termine è soggetta a severe limitazioni temporali, è infatti la memoria che ci permette di ricordare solamente per qualche secondo. Rappresenta la parte della memoria nella quale vengono inserite le informazioni che ci si presentano per la prima volta.
  • La memoria a lungo termine ci permette di ricordare l’informazione ogniqualvolta ne abbiamo bisogno, quindi tale informazione diverrà parte del nostro bagaglio culturale.
  • La memoria sensoriale, è quel tipo di memoria che ci permette di ricordare ciò che è stato registrato per mezzo dei nostri cinque sensi, o in modo particolare da uno di questi: si può così parlare di memoria visiva (che occupa circa l’83% della memoria sensoriale), quella uditiva (circa l’11%, e il rimanente 6% è dedicato alla memoria) cinestesica, olfattiva e gustativa.

I procedimenti che sono necessari per ricordare sono

La registrazioneà che è il risultato di atteggiamento, interesse, attenzione e organizzazione

L’immagazzinamentoà che rappresenta la fase del consolidamento e della conservazione delle informazioni attraverso riferimenti e associazioni.

Il recuperoà che consiste nella rievocazione e nel riconoscimento.

La memoria umana è una facoltà davvero sorprendente per quanto riguarda la capacità di immagazzinamento e di recupero, ma quando essa viene attaccata da fattori esterni il suo sistema entra in crisi. Contrariamente a quanto si può pensare, l’ansia non è altro che uno stato di attivazione, di carica psicologica e organica che ci consente di affrontare i problemi quotidiani con la grinta necessaria per la loro risoluzione e solamente nel caso in cui essa prenda il sopravvento e non venga più controllata, può essere considerata come il nemico principale della memoria. Si parla, infatti, di ansia disfunzionale o di patologia ansiosa quando la reazione d’allarme insorge in assenza di uno stimolo adeguato e proporzionale oppure quando le risposte comportamentali si rivelano inadeguate o decisamente svantaggiose per l’individuo.

Nella vita di tutti i giorni, sono migliaia i momenti in cui si percepisce che l’ansia è presente nelle nostre azioni e in qualche modo gestisce i nostri comportamenti. Allo stesso tempo sono infinite le cause per cui l’ansia prende il sopravvento e si manifesta ai nostri occhi.

Le più comuni manifestazioni somatiche dell’ansia includono “disturbi neurologici” come per esempio agitazione e vertigini; disturbi cutanei pallore, rossore o eccessiva sudorazione ecc.); disturbi cardiovascolari quali tachicardia, palpitazioni, disturbi gastrointestinali nausee, dolori addominali, disturbi respiratori iperventilazione o ipoventilazione, disturbi muscolari, tremore, dolori di schiena, intercostali ecc.

Per quanto riguarda il rapporto che intercorre tra l’ansia e apprendimento, possiamo affermare che essa influisce negativamente su tutti i processi cognitivi, quali il livello di attenzione, capacità di memorizzare e recuperare informazioni, la creatività e il ragionamento. L’ansia da prestazione si differenzia dalle altre forme di ansia per il contesto ambientale e per il concetto stesso di prestazione. Il contesto ambientale è caratterizzato dalla scuola, dall’università e da agenzie simili che, con specifiche regole, strutturazione e funzioni, propongono determinati standard come riferimento fondamentale. Lo studente ansioso può essere messo in crisi dal timore di un voto basso, o di un’eventuale bocciatura, della diminuzione della stima da parte dei genitori o del partner, in quanto percepisce le sue prove come continuamente sottoposte al giudizio sociale.

Per avere una migliore prestazione scolastica è fondamentale capire che apprendere qualcosa non è mai un semplice immagazzinare l’informazione, ma un connetterla a ciò che è già presente nella memoria. La conoscenza viene cioè “costruita”, piuttosto che registrata o semplicemente recepita e questo processo è influenzato notevolmente dalle aspettative dell’allievo sulla propria prestazione, dal significato che egli dà all’apprendere e dal grado di sicurezza con cui gestisce il proprio apprendimento. Negli ultimi anni si sta affiancando all’ansia prettamente scolastica il Training Autogeno visto come mezzo per migliorare l’atteggiamento degli studenti ansiosi nei confronti delle prestazioni scolastiche. È una tecnica di rilassamento ideata nella prima metà del ventesimo secolo da Johannes Heinrich Schultz, neurologo e psichiatra; che consente di alleviare tensioni sia psichiche che corporee. Come indica il nome stesso, il Training Autogeno è una tecnica di allenamento che “si genera da sé”, ovvero l’individuo la mette in pratica in prima persona sotto la guida di un esperto.

Un’altra strategia per poter migliorare la sicurezza in se stessi, per poter avere maggiore fiducia nelle proprie capacità e di conseguenza superare i propri timori, è l’utilizzo delle tecniche mnemoniche; in quanto esse aiutano a migliorare le capacità della memoria, ad allenarla e, una volta fissati nella mente determinati concetti, sarà praticamente impossibile dimenticarli.

Le tecniche di memoria sono dei metodi scientifici studiati per immagazzinare qualsiasi tipo di informazione. Sono delle strategie che permettono di fissare le informazioni nella nostra memoria a lungo termine.

Le più importanti tecniche mnemoniche sono:

Il PAV chiamato paradosso azione vivida

La tecnica dei loci ciceroniani

La tecnica delle stanze romane

Il codice numerico-fonetico

Le mappe mentali

Tutte queste tecniche sono fondate sull’idea per la quale alla base del ricordo ci sono le emozioni che proviamo: infatti viene immagazzinato tutto quello che ci coinvolge emotivamente. Questo è il motivo per cui ci capita di ricordare anche a distanza di anni delle cose magari non importanti, ma che ci hanno creato un’emozione intensa. Le informazioni che la nostra memoria registra sono quelle che non cadono nella banalità di tutti i giorni, cose particolari e strane. Non è, infatti, la quantità di volte che ripetiamo una cosa che ce la farà ricordare, ma l’emozione che viviamo. Per fissare delle informazioni nella memoria dobbiamo cercare di renderle più coinvolgenti; e questo è lo scopo principale di tutte le tecniche mnemoniche studiate fino ad ora.

Per visualizzare la tesi in italiano: